IL MUSEO ETNOANTROPOLOGICO
Il museo della civiltà contadina, pastorale e artigianale di Ribera, rappresenta oggi il fiore all'occhiello sia della città crispina sia dell'Amministrazione Provinciale di Agrigento. Esso costituisce la più grande raccolta di reperti e di attrezzi di un passato più o meno lontano, i quali ci fanno risalire alle nostre radici economiche e culturali sia locali che provinciali.Attraverso una più che ventennale opera di recupero, di catalogazione e di sistemazione, l'associazione culturale "Ribera Verde" ha realizzato il museo etno-antropologico, che io definisco come "un vero monumento della nostra civilta" sia provinciale che regionale. Sono oltre 2.500 i reperti, racchiusi e sistemati razionalmente negli ampi locali del Comune, situati all'interno di una delle più belle ville dell'Agrigentino.
Il museo etno-antropologico di Ribera raccoglie la più grande varietà di attrezzi ed arnesi utilizzati da secoli dai contadini, dagli artigiani e dai pastori siciliani. Esso costituisce una vera miniera di reperti, ormai scomparsi, sia per le scuole di ogni ordine e grado sia per tutti quegli studiosi e ricercatori che vogliono comprendere l'autentica storia delle nostre tradizioni, degli usi e costumi, del modo di vivere del popolo siciliano.
Gli scolari, durante le gite scolastiche, ed i turisti provenienti dal bacino termale di Sciacca, dalla Città dei Templi e da Selinunte, potrebbero fruire della ricchezza inestimabile di questa "cattedrale del lavoro" dei tempi andati. Ribera può diventare, a motivo di questo museo e delle altre bellezze storiche, artistiche ed ambientali, uno dei centri più importanti del turismo agrigentino e siciliano.
Il museo etno-antropologico di Ribera, nel quale sono stati raccolti, catalogati ed esposti alla libera fruizione, i reperti della civiltà contadina, pastorale e artigianale del territorio compreso tra le valli dei fiumi Verdura, Magazzolo e Platani, nasce il 6 maggio del 1989, all'interno della villa comunale, nell'ampio salone dei congressi. Gli oggetti esposti, che superano le duemilacinquecento unita, provengono alcuni da precise donazioni fatte da famiglie di agricoltori e di artigiani e altri dai componenti dell'associazione "Ribera Verde" che li hanno appositamente acquistati per la costituzione di un museo della civiltà rurale.Ribera nasce essenzialmente come centro agricolo per la fertilità delle sue vallate, un tempo ricoperte da coltivazioni di cereali e perfino da risaie. Ne parlavano, nelle loro opere, storici come Vincenzo Navarro, Ignazio Scaturro, Nicolò Inglese e Giovanni Farina i quali fanno riferimento agli agricoltori di Caltabellotta che scendevano a valle per coltivare le terre e che successivamente si insediarono in maniera stabile nell'odierno quartiere di Sant'Antonino, primo nucleo storico ed urbano della cittadina. Nei secoli scorsi e fino all'immediato dopoguerra, l'agricoltura del comprensorio di Ribera è stata praticata con attrezzature, strumenti e arnesi che, di fattura artigianale, costituiscono il patrimonio indispensabile per la lavorazione prima nei feudi e successivamente nella piccola proprietà contadina che, nata dallo smembramento dei latifondo, permise a migliaia di Riberesi di diventare proprietari e di aver saputo creare, con coraggio e sacrifici, lo sviluppo economico odierno.
A partire dalla seconda meta degli anni `60, grazie anche alla spinta impressa dalla presenza della Fiera Mercato per l'Agricoltura, l'Artigianato e la Zootecnia che, promossa dall'Amministrazione Comunale, per circa trent'anni, ha proposto ai lavoratori della terra le costanti innovazioni della meccanizzazione agricola e artigianale, tutti gli oggetti della secolare civiltà contadina caddero subito in disuso.
Molti reperti furono abbandonati in campagna, all'interno di casolari e bagli; altri invece per decenni sono rimasti relegati negli angoli bui di pagliere, stalle e solai, tra polvere, tarme e ragnatele.
L'associazione "Ribera Verde", memore di una tale ricchezza patrimoniale, per non fare perdere la memoria storica, per salvaguardare le radici e per far conoscere alle giovani generazioni gli oggetti tradizionali agricoli, gli aspetti della civiltà della terra e i presupposti materiali della moderna economia, ha creduto opportuno, nell'interesse della comunità, raccogliere, restaurare, salvaguardare ed esporre migliaia di reperti di una civiltà che ha cambiato decisamente volto.
Oggi il museo, situato in un unico ambiente, si presenta agli occhi del visitatore suddiviso in quattro sezioni. Entrando a sinistra, si trova collocato il settore dell'agricoltura. Sono esposti centinaia e centinaia di oggetti, tra i quali, i più importanti per l'uso, vale la pena ricordare gli aratri in legno e in ferro, le variegate selle degli animali, le diverse tipologie di zappe, le caratteristiche falci per la mietitura, gli strumenti per la legatura dei covoni di spighe e per la pulitura del grano appena trebbiato.
Sono sistemati in bella evidenza pale, tridenti, bisacce, grandi reti per il trasporto della paglia, crivelli in metallo e in cuoio, contenitori di misura, tipici della zona, come quarto, mondello, tumolo e decalitro, "canceddi" per il trasporto della frutta e dell'acqua e bisacce per il grano. Di particolare interesse è un marchio comunale in ferro, con le lettere a stampatello "RI" (iniziali di Ribera), utilizzato per marchiare gli animali e per fare pagare ai proprietari la tassa municipale.
Al centro della grande sala, campeggia un artistico e ancora intatto carretto siciliano e un crivello di notevoli dimensioni, montato su un treppiede, un tempo in uso per la cernita e la pulitura del frumento. Poco più indietro, sulla parete, in fondo, trovano posto tutta una serie di contenitori, ceste e panieri, in canne, vimini e arbusti, di varia grandezza e forma, per il trasporto di frutta e ortaggi, nonchè capienti recipienti, realizzati da industriosi artigiani con la palma nana e detti "zimmili" e "coffi".
Continuando la visita, in fondo alla sala, a sinistra, è situato il comparto artigianale con reperti di arti e mestieri che furono. Ancora intatto è, infatti, il deschetto del calzolaio con gli arnesi da lavoro come forme, martello, trincetto, lesine e raspa; come integro si presenta il bancone in legno del falegname con i vari attrezzi che vanno dalle pialle e seghe ai martelli, chiodi e
scalpelli.
Innumerevoli e di diverso materiale sono gli strumenti di lavoro, esposti alle pareti, appartenenti a sarti, macellai, barbieri, fabbri-ferrai, falegnami, potatori, muratori, spaccalegna, calzolai e pastai.
Sul ripiano in cemento, in fondo al salone, fanno davvero bella mostra gli oggetti della pastorizia, in passato fiorente nella cittadina. Si va dal calderone in rame alle fiscelle di vimini per la preparazione e fattura della ricotta e del formaggio, dalle forbici per tosare le pecore ai campanotti di latta e di bronzo che i pastori legavano al collo degli ovini.
Tra gli arnesi di lavoro del pastore vanno ricordati la "rotula", "lu zubbu" e la schiumarola. Poco più indietro, si erge alto, oltre due metri, "lu cannizzu", un recipiente di canne. intrecciate, di forma cilindrica, all'interno del quale venivano riposti i cereali.
Appoggiati alla parete frontale sono allocati una ricca serie di crivelli un tempo in uso per la cernita del grano, fave, orzo e ceci. Sul lato destro del salone sono stati sistemati utensili e oggetti dell'ambiente domestico. Si possono ammirare, infatti, piatti di ceramica e di terracotta, posaterie varie, tazze, scolapasta, giare, fiaschi, cantari, lumi a petrolio, bilance di diverso tipo, pile in legno e in pietra, pentole, gavette, imbuti, piatti, caffettiere e teiere in alluminio, tripode in ferro con bacile, caraffe smaltate, ferri da stiro e a carbone, guantiere e rosoliere, "lemme" e "scanatura".
Una serie di cappotti in panno, di cerate nere usate dagli agricoltori, di scarponi di cuoio e di calzettoni di cotone completano la ricca esposizione museale.