Castello Poggiodiana
Dove è ubicato
Su un ameno colle, a tre chilometri da Ribera, sorgono le suggestive rovine di un castello. È il Castello di Poggio Diana con la sua torre merlata, alta e imponente che ricompare stilizzata sullo stemma ufficiale del Comune, assurgendo ad emblema della città di Ribera. Il Castello si trova su uno sperone roccioso dominante la valle del fiume Verdura. Originariamente indicato con il nome saraceno di Misilcassino, ossia luogo di discesa a cavallo, il Castello, a partire dal XVI secolo, prese il nome attuale in onore della nobildonna Diana Moncada, andata in sposa nel 1511 al conte Gian Vincenzo Luna. Furono per primi i Saraceni a costruire nel secolo IX sopra un poggio, sulla sinistra del fiume Verdura (Alba-Sosio), a poche miglia dal mare, un castello che prese il nome di Misilcassin dal feudo omonimo.
Successivamente i Normanni, intorno al XII secolo, avvertirono l'esigenza di costruire un castello fortificato per difendere le piccole comunità vicine e le terre da loro conquistate tra il fiume Platani e Caltabellotta, anticamente denominata Triocala. Al castello si raccoglievano le genti del contado. La struttura fortificata domina, dall'alto della sua torre, la ripida balza e la profonda valle del fiume Verdura. Il corso del fiume in prossimità del Castello ha un andamento tortuoso e, scorrendo in una strettissima gola incisa nella roccia calcarenitica, forma tre grandi anse, l'ultima delle quali lambisce il colle di Poggio Diana.
Come è stato costruito
Adagiato sopra tale colle, il Castello si sviluppa su di una pianta irregolare che, coprendo un'area di circa tremila metri quadrati, segue la natura e la forma del terreno; è costruito in pietra arenaria da taglio, con piccole finestre rettangolari di stile arabo-normanno, secondo tutte le regole dell'architettura militare di quei tempi, con ponte levatoio, ampio cortile quadrilungo, cappella, scuderia, armeria e caserme per la guarnigione. Dell'antico maniero rimangono parte delle mura perimetrali, il bastione angolare quadrato e la torre cilindrica di 25 metri di altezza, coronata da caratteristici beccatelli. La torre cilindrica mostra al suo interno una volta a crociera costolonata su pianta ottogonale, un tipo di copertura adottata all'interno delle torri castellane di età sveva-federiciana. Il Castello aveva due ingressi, l'uno rivolto a mezzogiorno, l'altro a settentrione, che immettevano in un ampio cortile. Sbarrate le due porte d'ingresso, nessuno poteva accedervi. La linea di difesa esterna del Castello era costituita da un muro alto e spesso, mentre un altro muro, costituito dai fabbricati interni, fra loro collegati con opere stabili, chiudeva la fortezza. Detti fabbricati comunicavano tra loro per mezzo di corridoi e terrazze merlate. Un portone a sesto acuto serviva da ingresso ad un secondo cortile. Due ponti in muratura, di cui sono ancora visibili alcuni ruderi, mettevano in comunicazione le due sponde del fiume vicino.
A chi apparteneva
In un primo tempo gli estesi possedimenti del contado di Sciacca, incluso il Castello, furono assegnati nel 1100 dal Conte Ruggiero Normanno alla figlia Giulietta, per poi passare ai figli di lei. Nel 1253 il Castello e le terre di Misilcassino, a cui era aggregata la baronia di Magazzolo, vennero concessi dal re Manfredi, ultimo degli Svevi, al suo parente Matteo Maletta. Federico II d'Aragona, nel 1392 concesse il Castello al Conte Guglielmo Peralta, Signore di Caltabellotta, figlio di Guglielmo I. In seguito, passò ad un nobile di Sciacca, Artale Luna, che aveva sposato Margherita Peralta, erede della Contea di Caltabellotta. L'investitura del castello passò quindi al figlio di questi, Antonio de Luna in data 10 novembre 1453, in virtù del regio privilegio concessogli dal re Alfonso il Magnanimo.
Il Castello prediletto da Diana
Il 7 novembre 1510 Giovan Vincenzo de Luna, sposato con Diana Moncada, signore delle terre comprese fra Caltabellotta ed i fiumi Verdura e Magazzolo (Isburo), ebbe la investitura del feudo Misilcassin. Il Conte Luna, attratto dal clima mite e dalla bellezza incomparabile dei luoghi, annualmente, nel periodo invernale, scendeva dal suo castello di Caltabellotta in quello di Misilcassino, che ribattezzò «castello di Poggio Diana» in onore della moglie. E Diana Moncada lo prediligeva a tal punto che era veramente felice di trascorrervi alcuni mesi dell'anno. Un luogo del Castello, tuttora conosciuto col nome di «piano della Signora», ricorda la signora Moncada, bella ed intelligente oltre che coraggiosa. La signora infatti, quando il marito s'allontanava per correre in aiuto dei suoi amici vicini o lontani, non tornava a Caltabellotta, ma rimaneva nel castello e di notte ispezionava le sentinelle poste sulle mura. "Dati i tempi, non c'era sicurezza personale contro le scorrerie dei Turchi e dei pirati africani e due passaggi segreti portavano direttamente dall'appartamento del signore del castello all'aperto: il primo al greto del fiume, l'altro a monte. [...] Una notte d'inverno il silenzio fu rotto dallo echeggiare dei rintocchi della campana: segnale d'allarme. Il castello veniva attaccato ma Diana Moncada non corse ad uno dei passaggi segreti, affrontò arditamente gli assalitori e li costrinse a ritirarsi con perdite" (da Nicolò Inglese, Storia di Ribera, Agrigento, Tipografia Vescovile Padri Vocazionisti, 1966).
Altre fonti bibliografiche: Giovanni Farina, Ribera e il suo territorio, Palermo 1979; Raimondo Lentini, Giuseppe Scaturro, Misilcassim seu Poggiodiana. Un castello a Ribera, Ribera 1996.